Fine settimana “on call”. Luciano
Venerdì. Questo fine settimana sono “on call”. Il turno comincia già alle otto del mattino, in quanto gli altri due medici sono assenti dal lavoro (dr. Madziwa per recupero del precedente “on call”, dr. Masyie perché in ferie) e la dottoressa Pesaresi, la Medical Superintendent, come ogni fine settimana è andata ad Harare per risolvere noie burocratiche/amministrative.
Ore 8.00, meeting organizzativo con la “matron” (responsabile degli infermieri) e le “sister in charge” (capo sala); dalle 9.00 alle 12.00 round: “male ward” (reparto uomini) 10 pazienti, “female ward” (reparto donne) 16 pazienti, “postnatal ward” (reparto neonatologia) 9 neonati, “pediatric ward” 11 bambini, “tb ward” (reparto isolamento tubercolosi) due pazienti.
Dalle 12.00 alle 13.30, “OI clinic” (ambulatorio HIV/Infezioni opportunistiche) 29 pazienti; dalle 14.30 alle 17.30, “OPD clinic” (ambulatorio per gli esterni) 46 pazienti. Ovviamente non lavoro da solo, sono assistito dalle “sister in charge”, dagli infermieri e da Alessia, giovane dottoressa, aspirante infettivologa e socia della LILA, che da gennaio è qui in Zimbabwe.
Fra le persone osservate in ambulatorio, una giovane donna con un’occlusione intestinale (dov’è la chirurgia?), inviata d’urgenza con l’ambulanza alla chirurgia del più vicino ospedale centrale, due donne affette da carcinoma, una epatico e l’altra ovarico, ambedue già precedentemente diagnosticati ed in stato avanzato, (le ricoveriamo e con Alessia ci trasformiamo in esperti di medicina palliativa), un paziente affetto da infarto del miocardio (ECG d’urgenza) (cardiologia dove sei?), ammesso in reparto (in Zimbabwe non esiste emodinamica e cardiochirurgia nemmeno nel settore sanità privato). Al Luisa Guidotti abbiamo la possibilità di contattare dei cardiologi di Rimini e di Bologna, che per quanto lontani ci aiutano a seguire i pazienti cardiologici (i farmaci vengono comprati dai donatori italiani).
Sabato. Sono le 2.00 del mattino quando vengo chiamato per l’arrivo di un vecchietto con globo vescicale. Non si riesce ad inserire il catetere, per via trans-pubica estraggo, incredibile, 1,8 litri di urina, dopodiché si riesce ad inserire il catetere. Domani si vedrà.
Ore 4.00 arriva un giovane, 25 anni, portato dal padre, che in seguito ad un litigio con la moglie, pare non l’avesse trovata a casa, ha ingerito una quantità notevole di un organo fosforico che la famiglia utilizza per innaffiare i pomodori. Per fortuna è arrivato dopo meno di mezz’ora dall’ingestione e per fortuna ha collaborato nello stimolare il vomito. Acqua e vomito: ha vomitato per due ore un liquido lattescente maleodorante e pungente. Alle 6.00 terapia e sedativo, andrà bene.
Durante la giornata di sabato, a parte l’arrivo di un ustionato (ore 13,00) (centro ustioni dove sei?), il paziente viene ammesso (qui le ustioni sono molto frequenti e le strutture sono addestrate al trattamento), giornata tranquilla.
Alle 23.00 vengo chiamato dalla ostetriche per l’arrivo di una donna che presenta un parto difficile; la donna è già in dilatazione e presenta un parto podalico; scopriamo (l’ostetrica scopre) che sono due gemelli. Con Alessia collaboriamo l’ostetrica (supportiamo direi meglio), (dov’è la ginecologia?). All’una della notte del sabato nascono i due bambini, soddisfazione. Alle 3.00 vengo chiamato nuovamente, in male ward per un paziente in shock ipovolemico, di base immuno-compromesso (AIDS) mai trattato (ho nostalgia della medicina d’urgenza); si lavora fino alle 6.00 del mattino sembra che si sia ripreso, vado a dormire.
Alle 7.00, squilla il telefono: hanno sbagliato numero. Alle 8.00 mi chiamano per invitarmi a pranzo.
Alle 9.00 nuova emergenza, una bambina in blocco intestinale, non evacua da tre giorni; la radiografia dell’addome evidenzia la presenza di materiale nell’intestino (ascaridi?); la bambina è affetta da anemia falciforme, la crisi ha scatenato la distruzione dei globuli rossi, ha febbre alta e dolore soprattutto alle gambe, è anemica. Dopo avere effettuato una trasfusione e alleviato il dolore, decido di procedere con un clistere evacuativo, sono fortunato insieme alle feci vengono fuori una quantità infinita di semi (pare abbia mangiato una quantità esagerata di guave, frutto tropicale pieno di semi). La bimba si riprende.
Ore 12.00, arriva un uomo, anti-HIV positivo già in trattamento antiretrovirale, con forte cefalea da circa 5 giorni (finalmente c’è bisogno dell’infettivologo). Meningite da cryptococco, non abbiamo i farmaci per la somministrazione endovenosa, ma il paziente non vomita, possiamo farcela.
Ore 16, giungono due malarie complicate e per fortuna gli infettivologi, una giovane ed uno anziano, sono sempre qui.
Alle 19.30, andiamo a cena all’orfanatrofio, dove ci accolgono i bambini di “Casa Mariele”: “sadza” (sorta di polenta tipica dello Zimbabwe), pollo e dolci per festeggiare il battesimo dei bambini più giovani (non scordiamo che ci troviamo in una Missione Cattolica).
Inizia la terza e ultima notte di questo turno, sono le 22.00, un po’ di musica, un libro, il cielo stellato e la luna araba, il profumo dell’autunno, il canto degli uccelli notturni….e poi speriamo di dormire: il lunedì, come dicono qui, è di norma un “busy day”.
Brain storming: Luisa Guidotti Hospital/LILA-Catania. Chiara.
Dal 2000 la LILA Catania sostiene il progetto Susy Costanzo presso il Luisa Guidotti Hospital di Mutoko in Zimbabwe.
Il progetto, che prevede l’acquisto dei farmaci antiretrovirali per il trattamento delle donne in gravidanza, è nato per garantire alle nuove vite una vita. Sovvenzioniamo l’acquisto dei farmaci necessari per la profilassi periparto per le donne anti-HIV positive e il trattamento con nevirapina per il neonato al fine di minimizzare i rischi di trasmissione dell’infezione legati al travaglio ed all’allattamento.
Nascere con il virus HIV in un continente in cui la vita media è di 40 anni, in un Paese in cui il reddito medio annuale è di 201 dollari americani, in un territorio in cui la sanità pubblica è a pagamento sarebbe davvero troppo.
In Zimbabwe negli ultimi dieci anni le “cose” sono un po’ cambiate.
Da circa tre anni i farmaci per la cura dell’infezione da HIV sono disponibili e gratuiti, grazie ad un programma nazionale sostenuto dal Global Fund. I soggetti sieropositivi usufruiscono, a titolo gratuito, delle visite ospedaliere per il follow-up e le problematiche correlate all’infezione da HIV.
Gli ospedali e le “cliniche” (ambulatori territoriali) possono ottenere l’approvvigionamento di farmaci recandosi presso il deposito del NatFarm (farmacia nazionale), dove vengono conservati i farmaci donati dalle ONG. Inoltre, presso la farmacia nazionale a prezzi controllati è possibile l’acquisto di molti presidi terapeutici non disponibili gratuitamente, .
Il Luisa Guidotti Hospital, fondato dalla diocesi di Rimini nel 1956 e gestito, attualmente, dalla Dott.ssa Pesaresi, riceve quantità non indifferenti di farmaci anche dalla Diocesi di Rimini. Purtroppo alcuni farmaci che arrivano dall’Italia, soprattutto per il trattamento delle patologie croniche, sono spesso formulati in associazioni non presenti in Zimbabwe e non potendo garantire la continuità terapeutica sono poco utilizzabili. Altre molecole, anche se molto utili, sono poco o per niente conosciute dal personale locale che non può che allargare le braccia quando ne riceve scatoloni interi.
Le ragioni che portano al ricovero le persone comprendono per lo più patologie legate ad “ART-defaulter” (non prendere le terapie per la cura dell’infezione HIV giornalmente), l’AIDS conclamato, le infezioni tubercolari (che presentano i più grossi problemi diagnostici e terapeutici soprattutto quando si tratta di infezioni extra-polmonari, o di recidive spesso resistenti al trattamento), la malaria e infine, diabete e sue complicanze, patologie cardiovascolari e complicanze/urgenze, traumi (fratture ma peggio ustioni), e miscellanea la cui eziologia spesso rimane sconosciuta a causa della carenza di presidi diagnostici sufficienti.
Al Luisa Guidotti, infatti, non è possibile svolgere esami di routine che vadano oltre un emocromo, il dosaggio del glucosio nel sangue, la funzionalità epatica e renale. E’ impensabile effettuare indagini microbiologiche. Al microscopio, quando è possibile acquistare coloranti e reagenti, si possono svolgere indagini su feci, urine e sangue; per la malaria sono disponibili invece dei pratici kit immuno-cromatografici.
Tra le indagini strumentali è possibile l’esecuzione di radiografie, presidio diagnostico fondamentale ma purtroppo non sempre sufficiente e di ECG.
Quando si rende necessaria l’esecuzione di Ecografie o TC bisogna indirizzare i pazienti verso l’ospedale della capitale, ma questi esami a volte sono troppo dispendiosi anche per una famiglia di ceto media-basso.
Comunque scegliere tra due farmaci piuttosto che sei, come si avrebbe la possibilità di fare in Italia, non mi lascia sorpresa, fare un esame diagnostico piuttosto che cinque ancora mi fa essere ottimista, dovere spedire il paziente ad Harare (capitale dello Zimbabwe a 200 Km da qui) perchè abbiamo finito l’Acyclovir mi tiene i piedi per terra…siamo in Africa dopotutto.
Ciò che è difficile comprendere è come sia possibile che in questo Paese non ci siano farmaci in formulazione iniettiva sufficienti a coprire la maggior parte dei trattamenti che prevedrebbero questa via di somministrazione come elettiva; come mai presidi a volte vitali non siano nemmeno contemplati.
L’albumina è necessaria negli stadi di scompenso epatico e di scompenso cardiaco refrattari ai diuretici, alcuni antibiotici necessitano di essere somministrati per via endovenosa perché questa vie è migliore in certi stadi di gravità delle infezioni o in certe condizioni del paziente (stato comatoso per esempio o scarsa collaborazione) o semplicemente alcuni farmaci hanno solo questa formulazione. Le emergenze cardio-vascolari non possono essere affrontate con farmaci da somministrare per via orale, gli squilibri idro-elettrolitici, specie nei bambini, necessitano di somministrazioni endovenose.
L’infezione da HIV. Il test per l’infezione da HIV oggi è disponibile e gratuito in tutti gli ospedali e le cliniche (ambulatori in cui non è presente la figura del medico); tutti i soggetti che vogliono o cui viene indicato di sottoporsi al test devono dapprima incontrare, un counsellor con il quale affrontare il tema dell’infezione, del contagio e della prevenzione (e che spesso distribuisce condom gratuitamente); le sessioni di counselling continuano dopo l’acquisizione del risultato del test. Qualora fosse positivo il soggetto viene seguito e sostenuto al fine di renderlo consapevole di cosa voglia dire avere acquisito l’infezione da HIV e, quando necessario, inizia la terapia e viene seguito per valutare e garantire l’aderenza al trattamento. In alcuni ospedali, come qui al Luisa Guidotti, l’OI clinic (cioè il dipartimento per le patologie opportunistiche) è dotato di personale specializzato per seguire i pazienti in trattamento e per organizzare anche sedute di counselling di gruppo.
Le donne in gravidanza vengono testate, ormai in quasi la totalità dei centri, a meno che la donna non partorisca in casa, durante i mesi di gestazione e dopo il parto. I bambini nati da madri sieropositive vengono sottoposti a profilassi per i primi 6 mesi e testati per valutare in PCR l’HIV-RNA.
Il problema “HIV” è stato recepito ed affrontato, spesso ci sono falle in questo meccanismo che sembra perfetto, falle costituite da irresponsabilità, da poca professionalità ma anche da ignoranza e povertà.
Ma l’emergenza oggi è un’altra.
Non è sufficiente dire “It’s life” quando qualcuno muore.
Le urgenze HIV correlate devono essere affrontate al meglio, sarebbe utile riuscire ad ottenere l’acquisto di antibiotici per via iniettiva, utile creare un fondo per gli acquisti di presidi terapeutici in grado di soddisfare le esigenze dei pazienti assistiti presso il Luisa Guidotti, utile sovvenzionare l’acquisto di reagenti per implementare le risorse diagnostiche.
Le emergenze infettivologiche devono ottenere la giusta risposta.
La LILA di Catania dovrà elaborare un nuovo progetto per valutare e soddisfare le esigenze di questa struttura ospedaliera che ormai da anni ha adottato come proprio luogo di azione aldilà dell’equatore!
Potremmo fare molto continuando a garantire, come fatto sinora, una migliore offerta di salute.
Perché prevenire e curare le complicanze è una riduzione del danno!!!
Abbiamo bisogno del tuo aiuto.
Thank you, call again
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