Nel 2019, in Sicilia sono stati diagnosticati 195 nuovi casi di infezioni da HIV (60 casi a Catania), in leggera diminuzione rispetto agli anni precedenti (213 nel 2018, 285 nel 2017); 2531 sono i nuovi casi in Italia (3003 nel 2018 3579 nel 2017). Circa l’80% sono maschi.
Aumenta l’età alla diagnosi, più del 50% delle nuove diagnosi, infatti, si rileva nelle persone di età compresa fra 30 e 50 anni. Circa il 42% delle nuove diagnosi si riscontra in maschi che fanno sesso con i maschi, il 25% in maschi e il 17% in donne che si dichiarano eterosessuali e il 6 % in persone che fanno uso di sostanze per via endovenosa. Gli italiani sono circa 75%.Dal 2016, si osserva una diminuzione del numero di nuove diagnosi negli stranieri. La proporzione di stranieri tra le nuove diagnosi è aumentata gradualmente tra il 2012 (27,3%) e il 2016 (35,7%), mentre è diminuita a partire dal 2016; nel 2019, è pari al 25,2%. (Dati COA-ISS)
L’aumento delle persone in trattamento e l’aumento delle persone che aderiscono alla terapia, rendendo la persona in trattamento non contagiante (U=U, Undetectable=Untransmittable, Nonrilevabile=Nontrasmittibile), riduce il numero delle persone che possono trasmettere e quindi il numero dei contagi.
Mentre si riduce il numero delle persone che acquisiscono il virus, aumenta il numero di persone che arriva tardivamente alla diagnosi dell’infezione (in fase avanzata di malattia), per cui resta stabile il numero di persone che muore di AIDS.
Per ridurre ulteriormente i nuovi casi di infezione da HIV e per abbassare il numero delle morti da AIDS, è necessario:
- continuare ad assistere le persone che vivono con l’infezione da HIV, anche e soprattutto, in questo periodo di emergenza COVID-19 (non bisogna ridurre le giornate di apertura degli ambulatori dedicati, non bisogna eliminare il libero accesso);
- continuare ad offrire il test, anche e soprattutto, in questo periodo di emergenza COVID-19 (non bisogna eliminare il libero accesso);
- aumentare l’offerta del test per garantire alle persone con l’infezione da HIV il trattamento precoce;
- incrementare l’uso del preservativo, maschile e femminile, magari rendendolo gratuito;
- aumentare l’offerta della profilassi pre-esposizione (PREP), offrire la terapia di prevenzione alle persone con elevato rischio sessuale;
- diagnosticare precocemente l’infezione continuando a formare il personale sanitario (medici e infermieri) a riconoscere le patologie sentinella (i sintomi che fanno sospettare precocemente l’infezione da HIV;
- potenziare le campagne di prevenzione/informazione dirette a tutta la popolazione aumentando quelle dirette alle persone con comportamento a rischio;
- implementare gli ambulatori rivolti alle persone vulnerabili (adolescenti, persone che fanno uso di sostanze, persone che si prostituiscono, persone in carcere, migranti, etc).
AGGIORNAMENTO DELLE NUOVE DIAGNOSI DI INFEZIONE DA HIV E DEI CASI DI AIDS IN ITALIA AL 31 DICEMBRE 2019. Centro Operativo AIDS (COA) – Istituto Superiore di Sanità
- L’incidenza (casi/popolazione) delle nuove diagnosi HIV mostra una riduzione dal 2012, con una diminuzione più evidente nell’ultimo biennio.
- La riduzione del numero di nuove diagnosi HIV interessa tutte le modalità di trasmissione.
- Nel 2019 l’incidenza più elevata di nuove diagnosi HIV si riscontra nella fascia di età 25-29 anni.
- Diversamente dagli anni precedenti, in cui la modalità di trasmissione più frequente era attribuita a rapporti eterosessuali (maschi e femmine), nel 2019, per la prima volta, la quota di nuove diagnosi HIV riferibili a maschi che fanno sesso con maschi (MSM) è pari a quella attribuibile a rapporti eterosessuali.
- Tra i maschi, circa la metà delle nuove diagnosi HIV è in MSM.
- Dal 2016 si osserva una diminuzione del numero di nuove diagnosi HIV in stranieri.
- Dal 2017 aumenta la quota di persone a cui viene diagnosticata tardivamente l’infezione da HIV (con bassi CD4 o presenza di sintomi): nel 2019 2/3 dei maschi eterosessuali e oltre la metà delle femmine con nuova diagnosi HIV sono stati diagnosticati tardivamente (CD4 < 350 cell/µL).
- Un terzo delle persone con nuova diagnosi HIV nel 2019 scopre di essere HIV positivo a causa della presenza di sintomi o patologie correlate con HIV.
- Il numero di decessi in persone con AIDS negli ultimi anni è rimasto stabile.
- Nel 2019 diminuisce la proporzione di persone con nuova diagnosi di AIDS che scopre di essere HIV positiva nei pochi mesi precedenti la diagnosi di AIDS.
APPROFONDIMENTI
MOTIVI DI EFFETTUAZIONE DEL TEST ALLA DIAGNOSI HIV: ITALIANI E STRANIERI A CONFRONTO.
Tra il 2012 e il 2018 i motivi più frequentemente riportati sono, rispettivamente, per italiani e stranieri: la sospetta patologia HIV correlata/ sintomi HIV (30,2% vs 28,9%; p-value 0,05); l’aver avuto un comportamento a rischio generico (18,1% vs 14,3%; p-value < 0,05); gli accertamenti per patologie non HIV correlate (14,0% vs 8,6% p-value < 0,05); i rapporti senza preservativo (10,7% vs 9,9%; p-value 0,05); iniziative di screening e campagne informative (5,4% vs 8,9%; p-value 0,05).
Dallo studio emerge che i motivi di effettuazione del test HIV più frequenti sono simili tra italiani e stranieri (patologia HIV correlata, comportamenti a rischio); tuttavia, si rilevano differenze evidenti relativamente agli accertamenti per patologie non HIV correlate, che rappresentano un motivo più frequente tra gli italiani, mentre gli stranieri vengono diagnosticati più spesso in occasione di una gravidanza. Risulta, infine, estremamente interessante il trend in aumento delle diagnosi a seguito di campagne informative o iniziative di screening in entrambi i gruppi, evidenziando l’appropriatezza e l’efficacia delle campagne di testing e di informazione adottate in questi ultimi anni su tutto il territorio nazionale.
ECCESSO DI MORTALITÀ PER MALATTIE EPATICHE NELLE PERSONE CON AIDS
Le malattie del fegato sono una delle principali cause di morte non correlate all’AIDS tra le persone con infezione da HIV. Per valutare se le persone con AIDS abbiano realmente un eccesso di mortalità per malattie epatiche rispetto alla popolazione generale è stato condotto uno studio (1) basato sui dati della sorveglianza AIDS nel periodo 2006-2015 e sui dati ISTAT delle cause multiple di morte (CMM), ossia i dati che riportano tutte le condizioni che hanno contribuito al decesso e che sono presenti nel certificato di morte.
Lo studio ha confermato l’ipotesi di eccesso di mortalità associato a patologie epatiche nelle persone con AIDS, stimando una mortalità di 40,4 volte superiore rispetto alla popolazione senza AIDS per tutte le malattie epatiche; di 131,1 volte superiore per le epatiti virali, di 29,9 volte superiore per le malattie epatiche non virali e di 11,2 volte superiore per i tumori del fegato. Emerge, pertanto, la necessità di promuovere tra le persone con HIV azioni di prevenzione mirate a limitare le complicanze dovute a queste coinfezioni attraverso l’offerta dei test per HBV e HCV, della vaccinazione anti-HBV e del trattamento antivirale per HCV. Inoltre, anche seguire uno stile di vita sano, che includa la riduzione del consumo di alcolici e una dieta corretta, potrebbe avere un ruolo nel limitare l’eccesso di mortalità. Un’attenzione particolare meritano le persone con AIDS più giovani e le persone che fanno uso di droghe per via iniettiva.
BASSA PERCEZIONE DEL RISCHIO ALLA PRIMA DIAGNOSI HIV: FATTORI DEMOGRAFICI E SOCIO-ECONOMICI
In Italia, circa il 40-60% delle persone sieropositive viene diagnosticata in una fase avanzata dell’infezione da HIV e la proporzione di queste diagnosi tardive non sembra diminuire sostanzialmente dal 2010. Questo è dovuto a una bassa percezione del rischio di contrarre l’infezione da HIV nella popolazione generale. La bassa percezione del rischio può essere conseguente a diversi fattori come l’idea, ad esempio, che l’HIV non sia più un problema di salute, grazie all’elevata efficacia dei trattamenti antiretrovirali, così come anche alla paura e/o allo stigma legati a un’eventuale diagnosi positiva.
Sono risultate associate a una scarsa percezione del rischio di infezione da HIV: le persone con età superiore a 40 anni, le persone di genere maschile, gli individui che avevano acquisito l’HIV per via eterosessuale, gli IDU, gli individui che risiedono in Italia Centrale, le persone con un basso livello di istruzione, le persone residenti in aree a bassa o ad alta deprivazione rispetto a quelle residenti in aree a media deprivazione.
Alcuni gruppi di popolazione sembrano essere meno consapevoli del rischio HIV (maschi, persone più mature, eterosessuali, IDU, residenti in Centro Italia, con basso livello di istruzione). In particolare, appare rilevante l’associazione sia con una bassa che con un’alta deprivazione, suggerendo che il rischio di infezione viene sottostimato sia dagli strati sociali che hanno un buon livello di benessere che dagli strati sociali a basso livello socio-economico. Questo studio sottolinea la necessità di condurre campagne di prevenzione rivolte non solo alle persone più deprivate o vulnerabili (migranti, IDU, giovani, donne), come sarebbe auspicabile, ma anche ai sottogruppi di popolazione con una buona condizione di benessere e che vengono spesso considerati a minor rischio.
Leggi il report completo su:
file:///C:/Users/Hp/Desktop/COA%202020.pdf
Leggi anche
https://www.lila.it/it/lilanews/1390-wad-2020-covid
https://www.unaids.org/sites/default/files/media_asset/UNAIDS_FactSheet_en.pdf