Dal 22 al 27 luglio, a Washington negli Stati Uniti, si è tenuta la XIX conferenza internazionale sull’AIDS. Il tema della conferenza è stato Turning the tide together (invertire insieme la marea).
A Luciano Nigro (presidente della LILA -Lega Italiana per la Lotta contro l’AIDS- di Catania e docente di malattie infettive) che ha partecipato ai lavori abbiamo posto alcune domande per capire se, su una tematica così importante, ci sono novità significative.
Qual è, innanzitutto, lo ‘stato dell’arte’. Quali sono le cifre relative alla diffusione del virus
Nel mondo si stimano circa 33 milioni di persone affette dall’infezione da HIV (30 milioni di adulti e 3 di milioni bambini), di queste circa 22 milioni vivono nell’Africa sub-Sahariana. Ogni anno nel mondo si infettano circa 2.5 milioni di persone e circa 2 milioni muoiono per AIDS.
In Italia, dal 1982, sono stati notificati 62.617 casi di AIDS; nel 2010 i nuovi casi notificati sono stati 1.079. Al 2010 si stimano, in Italia, circa 200.000 infezioni.
Per maggiori e più precise informazioni è possibile consultare i seguenti siti: http://www.unaids.org/globalreport/Global_report.htm e http://www.iss.it/binary/ccoa/cont/Not_vol_24_n_5_suppl1.pdf
Chi ha partecipato alla conferenza?
Alla conferenza hanno partecipato i maggiori ricercatori e studiosi, a livello mondiale, dell’infezione da HIV; studiosi non solo nel campo scientifico ma anche sociale e politico. Inoltre erano presenti persone affette dall’infezione, attivisti, persone che fanno uso di sostanze, persone che si prostituiscono, persone di vario orientamento sessuale, medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi, personaggi dello spettacolo, della cultura e della politica, giornalisti. Erano presenti rappresentanti ufficiali di moltissimi paesi, industrializzati ed in via di sviluppo, organizzazioni non governative di tutti i paesi ed anche alcune comunità religiose.
In tutto più di 23.000 delegati; purtroppo, non avendo gli Stati Uniti concesso il visto, non hanno potuto partecipare le persone che fanno uso di sostanze e le persone che si prostituiscono dei paesi stranieri, cosa mai avvenuta nelle precedenti conferenze.
Laddove tutti i paesi brillavano per la loro attiva presenza, l’Italia brillava per la sua attiva assenza: nessun rappresentante istituzionale, né del mondo scientifico o del volontariato, solamente delegati di buona volontà e a titolo personale.
Che significa concretamente invertire la marea?
Invertire la marea dovrebbe significare “stop alle nuove infezioni” a partire dal 2015. Che non vuol dire la guarigione delle persone infettate, ma bloccare la trasmissione dell’infezione per via sessuale, per contaminazione da sangue infettato e anche da madre con l’infezione al figlio.
Come raggiungere un obiettivo così ambizioso?
Oggi noi sappiamo che le persone che hanno acquisito l’infezione quando sono regolarmente in trattamento azzerano la carica virale, cioè non hanno virus in circolo, pochissime copie se non addirittura zero, per cui non sono più infettive. Se riuscissimo a trattare tutte le persone con l’infezione e tutte le donne incinte con l’infezione ridurremmo il rischio di trasmettere l’infezione per via sessuale ed ematica del 95-99% e ridurremmo il rischio di trasmettere l’infezione da madre a figlio del 100%
Ovviamente la ricerca per scoprire farmaci risolutivi e per produrre un vaccino non si ferma e deve andare avanti.
Quali campagne sono previste per il futuro?
Se vogliamo raggiungere l’obiettivo di fermare la trasmissione dell’infezione dobbiamo per prima cosa raggiungere le persone infettate, (ancora oggi circa il 25-30% delle persone infettate non sa di esserlo, e il 75% delle nuove infezioni sono dovute ai comportamenti tenuti dalle persone che non conoscono il proprio stato), per poi informarle dei vantaggi della terapia. Bisogna, perciò, migliorare le politiche di accesso al test, ma soprattutto bisogna combattere lo stigma e le discriminazioni che le persone affette dall’infezione subiscono quotidianamente. Inoltre occorre riproporre le politiche di riduzione del danno che avvicinano i servizi alla persone rendendole consapevoli dei loro diritti e dei loro doveri. Ma per fare ciò nel nostro paese è necessario che la politica frequenti i simposi scientifici, faccia tesoro di quello che la comunità scientifica suggerisce e finanzi le campagne di formazione e prevenzione e le terapie.
Quali passi avanti sono stati fatti dal punto di vista medico rispetto alla condizione delle persone sieropositive e di quelle in AIDS conclamato?
Per capire quanto si è andati avanti basta riflettere sul fatto che oggi muore di AIDS solamente chi non sapendo di avere l’infezione non si è curato.
Ma le cose non sono così semplici. Infatti ancora oggi assistiamo nel lungo tempo sia all’insorgenza di effetti collaterali dovuti ai farmaci che a patologie conseguenti allo stato di infiammazione indotto dal virus che, anche se non si replica, è comunque nell’organismo. Nonostante ciò l’aspettativa di vita delle persone con l’infezione da HIV è notevolmente aumentata, così come la qualità della vita.
Quanto peserà nelle politiche sanitarie del nostro Paese l’assenza di rappresentanti ufficiali italiani alla Conferenza?
Molto, tenendo conto anche del fatto che in genere, e quindi anche per altre patologie, dal cancro alle infezioni a trasmissione sessuale e, oserei dire, anche nel campo degli incidenti sul lavoro ( oserei perché le questioni non sono perfettamente comparabili non perché non sono effettive) nel nostro Paese la medicina curativa ha preso e prende sempre il sopravvento sulla medicina preventiva. La medicina curativa procura facili guadagni mentre quella preventiva ‘consente’ salute e posti di lavoro. Inoltre le strategie di riduzione del danno, in Italia, trovano opposizione anche in conseguenza della visione etico-cattolica di buona parte dei nostri governanti. Come ben sappiamo droga sesso e rock’n roll, nel nostro paese, trovano cittadinanza solo di notte, quando nessuno ci vede.
Bisogna aggiungere però che la ricerca non dorme. Oltre a rendere meno tossici nel lungo tempo i farmaci già esistenti che cronicizzano, la malattia sono allo studio numerosi farmaci che se funzioneranno eradicheranno l’infezione.
Cosa si dovrebbe fare per rispondere positivamente alle sollecitazioni della Conferenza
Avere dei governi che sappiano e vogliano leggere la realtà ed agire sulla base dell’evidenza dei fatti. Che, diversamente da quanto finora ha fatto l’Italia, mantengano impegni e promesse, dando, innanzitutto, quanto concordato e dovuto al Global fund, organismo mondiale per la prevenzione e la cura di tubercolosi, malaria e infezione da HIV/AIDS. Che rendano disponibili risorse umane, strutturali ed economiche per “turning the tide”.
Noi dal canto nostro non dovremmo mai abbassare la guardia per difendere il diritto alla salute.
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